Ariano Folk Festival 2019 - Un Report da rivedere e riascoltare




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Il 2019 è uno strano anno condizionato da allerte climatiche smentite ma non per questo irreali, sbalzi governativi distorti da emoticon di baci e pericolosi ritorni a mentalità fasciste. Dietro l’ombra di previsioni per nulla rassicuranti, i Festival musicali sembrano essere un ultimo spiraglio di concentrazione, in un mondo governato da notifiche e contenuti senza conservazione, dove, come è giusto che sia, i messaggi vengono sostituiti con i dialoghi, gli utenti vengono sostituiti con le persone. Ho così deciso di documentare queste simulazioni apocalittiche in modo da capire esattamente quanto e come sopravvivere nel caso in cui arriveremo al punto da farci stare bene (per nostra volontà) l’inferno mentale che stiamo alimentando con il fuoco dell’ignoranza.

Il mio viaggio parte dall’Ariano Folk Festival 2019 che ne esce fuori con un’edizione forte e stabile nei contenuti e che si prepara a festeggiare i suoi 25 anni. Questa edizione infatti funge inevitabilmente da tramite, con certezze sempre più ferree in qualità musicali e riflessioni sempre più ponderate sulle attività collaterali.

A riassumere questo concetto, attraverso una metafora, è stata la leggenda dello Ska Cubano Natty Bo, prima di una sua selezione di brani a Radio Kaos Italy (disponibile qui insieme a concerti e interviste).


Turel - Sono cambiate un sacco di cose nel mondo della musica…
Naty Bo - Si… ora si compone molto meno rispetto a prima. Negli anni dello Swing c’erano nomi come Duke Ellington, Fletcher Henderson, Ella Fitzgerald e molti altri musicisti che creavano composizioni originali. Poi c’è stato il Blues di Muddy Waters, poi il Reggae di Bob Marley… e poi con l’avvento dell’House la musica è diventata un backround, ci si è concentrato più sul beat e sul ripetere quel beat, la composizione si è semplificata drasticamente. Anche la musica Indie è una semplificazione di questa struttura divenuta poi un MishMash con altri generi, così come l’Heavy Metal e successivamente il Death Metal sono una conseguenza di questa ripetizione, fino ad arrivare al Raggaeton oggi.

Infatti, la struttura di un Festival arrivato alla sua ventiquattresima edizione negli anni ha subito necessariamente delle modifiche che da una parte ne hanno sancito conferme, mentre da un altro canto un occasione di malinconia con il passato (ne parlo meglio a fine articolo).

Le singole giornate sono state strutturate in maniera ponderata ma non per questo monotematiche, anche perché il tema, che include la parata carnevalesca, ha dato modo di giocare sui generi e scrollarsi da dosso inutili etichette.


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MAIN STAGE

DAY 1

La prima sera infatti è stata un prologo a quello che sarebbe arrivato dopo ma contenente sorprese che non si sono ripetute nei giorni successivi, anche per mancanza di tempo, data la mole di artisti coinvolti. Il Folk Festival parte con l’unica band italiana presente in scaletta, i DAHLÌA, gruppo romano con contaminazioni di ogni genere. La loro breve performance (meno di mezz’ora) gli ha visti intrattenere il pubblico su ritmi musicali New Folk e Ambient, tra colpi di Hang Drum e delicati suoni sincopatici provenienti da strumenti inpronunciabili come il Nak Tarhu. Il loro album inoltre vanta la collaborazione con componenti dei Mokadelic che i più attenti ricorderanno per la colonna sonora di Gomorra. Insomma, un gruppo esordiente romano che nessuno si aspettava potesse realizzare un concerto così ben strutturato, variegato e coinvolgente.




Subito dopo i nostrani DAHLÌA, ecco giungere dall’Algeria qualcosa di inaspettato, una band progressive dalle influenze anni ’70 che nulla ha da invidiare a gruppi come la PFM, SOFIANE SAIDI & MAZALDA. Band che ha saputo mischiare composizioni musicali in tempi dispari con la tradizione nord africana, arrivando a sembrare una versione Folk algerina dei King Crimson.





La nottata è proseguita con i francesi AÄLMA DILI che con il loro Gipsy Folk senza percussioni o beat, ha raggiunto tutti i presenti culminando la loro energia con una cover italo-francese di “Io, mammeta e tu” ha smosso gli animi e i corpi dei presenti, per giorni. Infatti hanno incominciato il primo giorno con il loro Gypsy Folk e non hanno più smesso di suonare (Vedere il Live Stories Report in fondo all’articolo per credere.





La prima serata si conclude con il Dj Set energico dell’Avellinese Vinyl Gianpy, ex proprietario di un negozio di dischi che ha deciso di prendere la sua merce e consumarla serata dopo serata sulle piastre del suo DJ Set, facendo divertire il suo pubblico con cartelli scritti rigorosamente a mano con messaggi ironici e saggi. Credo che se lui e Cristiano Militello si incontrassero, ne uscirebbe fuori una trasmissione televisiva a sé .





CASTLE STAGE DAY 2/3



Dal secondo giorno in poi i concerti sono a pagamento, ad eccezione di una nuova location pomeridiana. La migliore novità di quest’anno è anche la migliore trovata di due anni fa ma da un punto di vista differente. Quello che è stato il concerto all’alba in Villa comunale (ne parlavo qui), è diventato il Castle Stage, uno spazio aperto al pubblico con musica dal vivo e la possibilità di sdraiarsi sul prato, al sole e godersi una selezione speciale acustica di musica del mondo.

Ad aprire questa nuova interessante vetrina Uxìa, cantante Galiziana accompagnata dal chitarrista e percussionista Sergio Tannus che hanno mischiato la tradizione galiziana a quella Irpinia.



Dopo il concerto ho scoperto con piacere che Uxìa era lì grazie anche all’aiuto di Vittorio e Maria, che per pura coincidenza, intervistai sempre l’anno scorso. Proprio loro mi raccontavano di come la scelta musicale del Folk Festival andasse incontro alle persone e credo che proprio grazie al voler fare qualcosa per il popolo arianese si siano messi a disposizione per aiutare (senza chiedere nulla in cambio) questa manifestazione che ricordiamo, va avanti anche grazie alle persone che sposano il progetto solo per il piacere di fare qualcosa di bello per il proprio paese.



Dopo le magiche note vocali di Uxìa, arriva il chitarrista/mandolinista argentino Mintcho Garramone, One Man Band dai suoni tarantellistici e popolari moderni, accompagnato da un fedele computer, che ha improvvisato un pezzo su Ariano Irpino, prima di suonare il suo vastissimo repertorio. Mintcho è stato accompagnato dalla percussionista Vivi Pozzebón (Argentina). Il giorno successivo Vivi avrebbe suonato come ospite principale in compagnia di Mintcho e Sergio Tannus. Qui il concerto completo del terzo giorno (gli ultimi 10 minuti con tutti gli artisti sopracitati riuniti).





L’energia inarrestabile di Mintcho è stata alla base di diversi altri interventi gratuiti nei giorni successivi come durante l’AperiWorld al Bar Moderno Joso o la sera all’ exSanacore. La sua carismatica positività unita alla sua musica hanno creato un clima di inarrestabile frenesia.

Vivi Pozzebòn invece con il suo splendido e ammaliante ritmo Cumbia ha stupito per come ha coinvolto il pubblico con i suoi interventi. Sentire per credere.


MAIN STAGE - DAY 2

Dal secondo giorno, sul palazzo di fianco al palco, viene mostrato un mapping realizzato da i ragazzi del liceo artistico in collaborazione con l’avellinese “Gianni Japa Ah Pook”. Un lavoro visual a più mani che sarà mostrato per tutti i giorni del Festival.

La seconda sera del Main Stage è stata aperta dal progetto francese “Lost in Traditions: San Salvador”, provenienti dal Massiccio centrale, 6 membri che intrecciavano voci e percussioni in quello che viene definito polifonia occitana, che con composizioni originali raccontavano storie d’amore e fiabe dal retrogusto Andersoniano. Il loro epico sound, unito a delle prefazioni in italiano sulle storie delle loro canzoni hanno trasportato il pubblico in una dimensione dimenticata nel tempo. Una delle più inaspettate sorprese a cui ho assistito.





Senza perdere ulteriore tempo, giunge sul palco Gaye Su Akyol, cantante turca che porta le sue origini su strade Pop, Rock ed elettroniche, senza farsi mancare una scenografia di denuncia con i travestimenti della band da monaci. Lo spettacolo, provocatore e ribelle, unisce dell’ottima musica psichedelica con la tradizione senza far mancare l’ironia e l’intrattenimento. E vi assicuro che alcuni passaggi musicali mi hanno ricordato il Progressive Rock dei Porcupine Tree e questo è un bene.





Dopo Instanbul, la prossima tappa è Cuba con la leggenda dello Ska Natty Bo, accompagnato dai Top Cats. Ritmi Swing incalzanti e tempi il levare per un’ora e venti di rilassamento musicale padroneggiati dalla voce di un grande ed energico intrattenitore per un genere che ha ispirato i moderni ritmi Dub. Qui sotto oltre al concerto la sua speciale selezione insieme ai Pushin Woods, ospiti di Radio Kaos Italy.






La nottata si conclude con la selezione del londinese Scratchy Sounds, Dee Jay (ma anche bravo fotografo) che ha visto la scena Punk crearsi e smantellarsi davanti ai suoi occhi per poi lasciarsi contaminare da ogni cultura possibile. Il suo occhio clinico sul mondo si sente nelle sue spiazzanti selezioni che passano dalla musica scozzese a quella balcanica senza farti capire esattamente quando questo passaggio sia accaduto nella tua testa.






Backstage Bonus video: Mintcho Garramone VS Scratchy Sounds https://www.facebook.com/radiokaositaly/videos/749498468803870/


MAIN STAGE - DAY 3

Il Main Stage del terzo giorno è sicuramente quello che ha visto la sperimentazione padrone. Ad aprire le danze Mercedes Peòn (Galizia) con immagini e suoni industriali uniti alla tradizione. A volte una sorte Thom Yorke al femminile, a volte un agglomerato tra Enya, i Nine Inch Nails e un rituale voodoo, spiazzante ad un primo ascolto. Ecco perché da questo link potete sentirvelo e risentirvelo fino a quando comincerete a capirci qualcosa.





A seguire il trombettista Etienne Sevet con il suo nuovo progetto The Bongo Hop che unisce le sue origini colombiane con la sua esperienza da produttore francese. Tra Salsa caraibica, Bossanova e qualsiasi cosa stimoli il corpo a ballare, The Bongo Hop ha regalato un mood dinamico, sensuale e inaspettatamente raffinato.






Senza perdere tempo, si passa in Andalucia con gli Eskorzo, Band che oserei definire Cumbia Electro Punk. Influenze di ogni tipo che partono dalla musica alternative degli anni ’90 fino a mischiarsi con la musica latina dei balli di gruppo. Inclassificabili e imprevedibili. C’è da aggiungere che per promuovere il loro ultimo album, regalavano i CD tra il pubblico. Manovra di Marketing più che interessante.






La nottata si conclude con gli olandesi Pushin Woods, coppia di Dj dagli stili fondamentalmente diversi che si alternano in selezioni e sfide di ogni genere coprendo gran parte della musica latino americana e di tutti i loro sottogeneri. Si sono esibiti anche il giorno successivo insieme a Coqò Djette dimostrando la loro variegata conoscenza e il sapersi adattare ad ogni mood grazie ad un Backround musicale di vastissima conoscenza. (Qui la loro selezione insieme a Natty Bo)







DAY 4 - CASTLE STAGE

Il quarto giorno comincia nel pomeriggio sul Castle Stage (concerti Gratis ricordiamo) grazie alla voce ammaliante di Neuza (Capo verde), il suo stile che unisce la musica africana alla Samba le ha fatto guadagnare il successo universale e decine di nomination ai Music Awards. Nella sua unica data italiana ha regalato uno spettacolo unico e irripetibile (a meno che non cliccate più e più volte play qui sotto)






DAY 4 - MAIN STAGE

Si passa un paio d’ore dopo sul Main Stage dove i Rumbaristas e la loro Rumba catalana, unita alla tarantella siciliana, aprono al pubblico con una rassicurante sensazione dal sapore mediterraneo, che cela dietro di sé un grosso e variegato backround e la voglia di unire il mondo intero in una gigantesca danza intercontinentale.






Dopo di loro arriva uno dei più grandi esponenti moderni della musica Giamaicana, Skarra Mucci, rapper e paroliere che vanta collaborazioni con tantissimi gruppi (inclusi i due successivi in scaletta) che smuove i corpi e le menti dei più giovani sotto al palco e che non si ferma un secondo. C’è addirittura un intermezzo in cui prende le basi delle canzoni di Eminem e le reinterpreta, di certo qualcosa di interessante, non solo per i cultori del raggae-dub.





La serata procede con lo spettacolo Visual de L’Entourloop. Con schermi e proiezioni provenienti dal cinema muto e dai cartoni animati degli anni ’30 hanno spiazzato non solo musicalmente ma visivamente. Ho avuto il piacere di vedere il concerto insieme a Vivi Pozzebòn che quando, dopo l’intro video si sono rivelati al pubblico, ha esordito dicendo “Ma non sono i due vecchi dei Muppet?” Ad essere sinceri il paragone era più che azzeccato guardandoli, ma lo spettacolo Visual è stato tra i più belli che io abbia mai visto negli ultimi tempi.





Il quarto giorno si conclude con l’arrivo di uno dei personaggi più conosciuti nell’entourage dell’elettronica raggae e del dub, Manudigital, accompagnato dalla voce da Deemas J che, oltre ad essere una garanzia di qualità sonore, tiene incollati sotto al palco fino alle fine chiunque grazie al suo ritmo sincopatico e dinamico che mischia Hip-Hop con influenze di elettronica dub e Trance.





DAY 5 - SUN STAGE


(DJ Panko e Lord Sassafrass)

L’ultimo giorno del Folk Festival comincia ad ora di pranzo, io, come l’anno passato, finisco con il fare 4 ore di sonno e starmene al Volkskamp, dopodiché riparto e mi ritrovo in mezzo ad una parata carnevalesca che dalla piazza di Ariano Irpino giunge fino al Main Stage (che per l’occasione cambia nome in Sun Stage), ad accompagnare questa introduzione il DJ Set di Coqo Djette che prepara la pista per un gruppo francese attivo da più di vent’anni, i Marcel et Son Orchestre, eredi del Post Punk, del Rock The Cashbash dei The Clash e di influenze tra le più disparate, senza esimersi dal citazionismo musicale in una maniera simile a quella a cui gli Elio E Le Storie Tese ci hanno abituati in Italia. La loro presenza mascherata sul palco non fa che confermare quanto pazzesco sia il pomeriggio di questa annata del Folk Festival.






Subito dopo arriva il Dj Set dei SUPERSAN, duo greco con influenze caraibiche, giamaicane e africane che sviscera suoni folkloristici posseduti da beat elettronici. Una bella parentesi, peccato per la mancanza dei Visual, i loro video sono qualcosa di veramente interessante.





Da Barcellona, per la prima volta in Italia, i Muyayo Rif, gruppo Ska Punk che mi ha ricordato quando a inizio anni 2000 ascoltavo Shandon, Meganoidi e Ska-P a manetta. Il loro concerto ha sprigionato un’energia che richiamava atmosfere Pop e Punk legate alle Radio Hit di fine anni ’90, senza esimersi dal cantare anche in italiano pezzi come “Bella Ciao” e “Volare” di Domenico Modugno. Una parentesi con l’electro Swing a metà esibizione e un remix Ska Metal di “Make It Bun Dem” di Skrillex inoltre hanno dimostrato la versatilità di questa band molto interessante.





Il Main Stage principale finisce con il Dj Set camaleontico di Dox Martin (aka Martin Meissonnier)) che partendo dall’Afro Beat muta la sua forma nella Techno più raffinata e precisa, senza perdere un colpo e spiazzando il pubblico che si è ritrovato magicamente in un rave pomeridiano, ricordando l’ormai defunto Sonazone che si teneva nelle scorse edizioni.

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Intorno alle 19:30/20:00 La parata carnevalesca e i musicisti del Castle Stage e dell’Aperiworld (Mintcho Garramone, Vivi Pozzebon, Dj Panko, Lord Sassafrass, Scratchy Sounds) cominciano un Tour nella parte centrale d’ariano tra i locali Bar Moderno Joso, exSanacore e 32 mentre nel Volkskamp comincia un evento in collaborazione con I-Sciamina Sound System che vede esibirsi Ant aka A-Tweed, Jungla Est Dj Set, Nuri Vibes (dalla Tunisia) e infine i Pushin Woods come Special guest, concerto che si è protratto fino a notte.







CONSIDERAZIONI POST FOLK




A questo punto mi sembra il caso di aprire una parentesi su cosa rappresenti il Volkskamp dell’Ariano Folk Festival: Il Volkskamp è da sempre l’anticamera del Folk Festival, dove le persone che vengono da fuori vengono ospitate nella città di Ariano per il tempo che decidono di trascorrere vedendo così le bellezze della città, ancor prima di venir coinvolti nella musica sul Main Stage, dove spesso si nascondono come semplici visitatori artisti di ogni tipo (non a caso ho avuto il piacere di incontrare quest’anno Vito, un compositore del nord Italia giunto per la prima volta al Folk, o l’illustratrice Rose Romano che qualche giorno dopo sarebbe stata ospite del Controcorrente Festival di Agropoli), tutte persone che al di fuori della musica finiscono con avere un’esperienza di arricchimento culturale e sociale. E aver visto un costante accanimento delle forze dell’ordine all’interno di questo spazio, risulta un esperienza alquanto negativa per chi è venuto a trascorrere dei giorni in santa pace. Anche io in compagnia di un campeggiatore sono stato fermato davanti all’uscita del Bar sopra il Volkskamp (questo alle 9 di mattina), non oso immaginare cosa è successo di notte, visto che mai come quest’anno, il Sound System finiva con lo staccare la musica intorno alle tre di notte. Inoltre la forza di volontà nella gestione del Volkskamp rimane una delle attività più intense che meritava almeno da parte dell’organizzazione un riguardo nell’annuncio degli eventi collaterali (mai sponsorizzati durante i giorni della manifestazione). Non ho ben capito se questa parte del Festival stia per scomparire o meno, ed è un peccato perché il popolo non autoctono del Folk Festival arriva e se ne va passando dal boschetto. Resta una mia personale opinione ma secondo me il festival dovrebbe cominciare il primo giorno con un palco al Volkskamp per poi spostarsi nei giorni successivi sul Main Stage, in modo anche da dare la possibilità di decidere se rimanere per tutti i giorni o meno in campeggio e vedersi il Folk in maniera completa (come merita).



Ad inizio articolo ho detto che le attività collaterali sono state ben ponderate, dove alcune delle attività delle passate edizioni sono state ridotte (i film al Cinezone) o non riproposte (il già citato Sonazone, divenuto Sonazone Off allestito in un locale, perdendo così ogni senso con quello che rappresentava in origine) così come tanti altri eventi organizzati in spazi chiusi o Bar. Da una parte questa scelta da modo di gestire ogni singolo evento con molta più cura e attenzione, dall’altra viene a perdersi l’arricchimento culturale e folkloristico che potrebbe esserci spostandosi dal centro di Ariano a zone più suggestive e ricercate, arricchimento che finisce semplicemente con l’essere interessante a dei turisti fuori sede e che seguito tra gli abitanti in loco. Ma comunque non da sottovalutare.



Un’ultima considerazione per un festival così importante sta forse nel considerare ad abbracciare qualche politica Plastic Free, pratica già sviluppata anche in altre realtà irpine e del sud Italia (cosa di cui parlerò nel mio prossimo articolo) perché un festival genera un quantitativo di rifiuti non indifferente e i piatti in amido di mais biodegradabili possono essere un primo gesto per salvaguardare sia la bellezza delle location, sia per smuovere la coscienza delle persone nel produrre meno immondizia possibile.

Detto questo, ci si prepara per la versione invernale di questo Folk e l’anno prossimo per la tanto attesa venticinquesima edizione, le nozze d’argento, forse una delle migliori edizioni a cui potremmo assistere in uno dei festival più importanti che abbiamo in sud Italia.




Audio concerti: Radio Kaos Italy
Slow Motion, Gif e Animazioni: tripARTvisor
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