La Collana di Tripo - Il "Director's Cut" del nuovo singolo dei Malbianco su Spotify e Youtube




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Dal 13 novembre, è disponibile su tutte le piattaforme digitali (Spotify, Youtube, Apple Music, Google Play Music) “La Collana di Tripo” (IMDb) il nuovo inedito della band indie rock Malbianco tratta dall’album “Galline Elettriche”. Il videoclip ufficiale è questo, per salvare, ascoltare o scaricare la canzone invece cliccate qui.






Credits:
Turel Caccese: Sceneggiatura, Regia, Animazioni
Michela Salvagno (MUCO): Stop Motion, Design
Malbianco: Musica e Produttori
Alessandro Salza: Sound Design




Due parole sula nascita di questo video:

Negli ultimi 20 anni circa, abbiamo avuto modo di lasciarci ammaliare consensualmente dalla tecnologia. Abbiamo fornito i nostri dati per riuscire ad essere tutti più vicini, illudendoci di annientare la solitudine con un placebo chiamato social network. Quello che ne è conseguito è che tutti, soprattutto i più giovani, sono diventati più soli, rinchiusi nelle proprie abitazioni. Esiste un termine giapponese per definire le persone che soffrono di questa condizione, gli HIKIKOMORI ovvero coloro che hanno scelto di escludere il contatto umano preferendo un contatto puramente tecnologico. Questo fenomeno dagli anni ’90 ad oggi si diffonde sempre con maggiore intensità. Questa condizione però non è una esclusiva del Giappone. Dopo i primi anni 2000 e con l’avvento di internet, tutto il resto del mondo ha dovuto riconoscere questa condizione come un fenomeno tutt’altro che raro.
Per mia esperienza personale, dopo aver vissuto determinati anni della mia vita in una condizione simile, ho sempre cercato nell’arte un modo per poter rivelare l’esistenza di queste persone e le cause che portano esse a “scegliere di non scegliere” la propria vita. Quando fui contattato dal gruppo musicale Malbianco (Carlo Ferraro, Alessandro Salza e Antonio Paone) per l’idea di un videoclip animato tratto da una delle loro nuove canzoni, ho riconosciuto nel testo scritto da Carlo un richiamo agli Hikikomori. Il verso “Una stanza sotto al letto” è stato l’idea di un mondo dentro al proprio mondo personale, una rappresentazione di qualcosa di invisibile ma presente. La sceneggiatura è stata quindi scritta in base al significato del testo della canzone. Il protagonista (disegnato da Michela Salvagno) è una figura androgina, un’essere indefinito e vuoto, che si ritroverà a dover affrontare e guardare in faccia le sue ansie e le sue paure, cercando di giungere all’origine di esse. Tutto questo mentre il tempo smetterà di essere percepito nel modo naturale. La collana di Tripo si rivolge ad una generazione di persone che si sentono sole e allo stesso tempo cerca di rivolgersi a chi vuole approfondire questa condizione al fine di comprenderla.

(Director's Statement)






Di questo Videoclip esiste pure una versione Director's Cut realizzata per proiezioni su grande schermo e Film Festival. Il Director's Cut contiene un mix inedito del brano dei Malbianco e il lavoro di Sound Design di Alessandro Salza. La sua distribuzione resta limitata ma possibile contattando  i Malbianco da qui.






Fidatevi: Lo Sponz Fest finirà solo quando smetterete di pensarlo


Foto: Alfredo Cesarano


Esiste un evento in Irpinia in grado di smuovere la coscienza di tantissime persone provenienti dagli angoli più remoti del globo a tal punto da fargli fare cose impensabili di ogni tipo come:


  • Scalare all’alba ripide salite sui calvari per assistere a delle lamentazioni in greco
  • Far smuovere cittadini europei con poca dimestichezza nella lingua italiana da un paesino ad un altro grazie alla notifica di un’applicazione in cerca di un uomo con un grosso cappello.
  • Pagare per vedere concerti di artisti che si esibiscono in paesi limitrofi gratuitamente.


Questo evento in Irpinia, che alcuni definiscono Festival itinerante, altri ancora manifestazione culturale, a detta del suo direttore artistico “un’occasione di consapevolezza”, ha smosso anche la mia di coscienza. Vi racconto questo simpatico aneddoto: Negli ultimi 8 mesi mi è capitato di accettare di lavorare in una sala slot, un po’ perché nessuno dei numerosi video musicali che ho realizzato mi ha permesso di ricevere una paga soddisfacente, un po’ perché era un lavoro che non richiedeva chissà quali abilità se non quella di resistere psicologicamente di notte a monitorare persone mentre buttano via migliaia di euro. A metà maggio, mentre ero in sala, venne rilasciato un album dal titolo “Ballate per Uomini e Bestie”. L’Album, che ha saputo sfruttare Instagram realizzando un booklet interattivo gratuito contenenti testi, foto e video (a cura di Alessandro My, Luca Bernini, Carlo Cappuccini, Benedetta Cappon e La Cùpa,) ha un tema portante: il rapporto con l’autore con la tecnologia, i media e la comunicazione odierna in quello che viene definito nuovo Medioevo. In particolare c’è una canzone dal titolo “Nuove tentazioni di Sant’Antonio” che mi colpisce profondamente, attraverso questo verso:



Di Sant'Antonio la Tentazione
Metter la morte fuori dai vivi
Che non danneggi la produzione
Tenerla a parte negli ospedali
Togliere i santi e mettere i preti
Togliere il sacro e lasciare i decreti
E al posto del miracolo
Una fila di slot machine
Ooh Oohh Oooh di fuoco arderò

Nei giorni successivi più continuavo a riascoltare questo brano più capivo che dovevo approfondire la cosa, anche allo scopo di allontanarmi da lì (cosa sicuramente non conveniente alle mie tasche ma risanatrice a livello psichico). Ecco perché ho contattato mesi prima il festival in modo da poter dare una mano con le mie competenze da animatore (animando il logo originale realizzato da Gianluigi Toccafondo) e contemporaneamente documentare il tutto al fine di raccontarvelo.
Ecco quindi quello che ho visto (e che ho capito) durante lo Sponz Fest 7: Sottaterra


(Guarda il Live Report realizzato su Instagram cliccando qui)


CASCA LA TERRA, TUTTI SOTTATERRA

La tematica di quest’anno, il sottoterra, oltre ad essere una parola dalle molteplici interpretazioni, forniva l’idea del capovolgimento di stati e ruoli. Infatti, il capovolgimento è stato più che evidente: nessuna delle formule e delle location (ad eccezione del Vallone Cupo) è stata riutilizzata quest’anno, capovolgendo quindi la manifestazione che invece di riconfermarsi con una formula già testata, cerca la via dell’ignoto e della curiosità. Da un lato questa scelta fa si che lo Sponz Fest si riconfermi un’esperienza unica edizione dopo edizione, dall’altro inevitabilmente tende a generare un confronto con le edizioni precedenti (per chi non è la prima volta che giunge all’evento). Confronto di per sé inesorabile ma anche inutile, non a caso ogni edizione ha una tematica sviluppata soprattutto dalle location scelte, ad esempio nello Sponz Fest 6: SALVAGG’ (il mio Report qui), il sentiero della cupa sfociava tra le bestie selvagge, ed aveva un suo perché.




Il sottoterra, inoltre, nella sua antica definizione richiama una serie di archetipi legati a vita e morte. Archetipi resi ancora più evidenti dal progetto parallelo TRENODIA di Mariangela e Vinicio Capossela coprodotto da Fondazione Matera Basilicata 2019 e Sponz Fest Sottaterra, un corteo pubblico itinerante partito sull’isola di Capo Rizzuto in Calabria (primo fuoco), giunto allo Sponz in Alta Irpinia (secondo fuoco) e terminato in Lucania (terzo fuoco) con un grandioso concerto al nero di Capossela a Matera.

Questo teatro mobile, il cui scopo era decantare ciò che sta morendo in questo mondo attraverso le esternazioni emotive (grida, pianti, risate) è stato un fiume nero in movimento che travolgeva e macchiava l’animo umano e che colpiva nell’ inconscio, senza farti capire in un primo momento cosa stesse accadendo.




Maria Scalisi, assistente di produzione che ha coordinato il lavoro di Trenodia insieme con la fondazione Matera-Basilicata 2019, lo Sponz Fest e i fratelli Capossela a partire dai tre mesi precedenti l’evento fino al concerto finale a Matera, descrive così questa esperienza:

“L'esperienza più forte di questo progetto è stata la partecipazione: gli attori del territorio - pro loco, associazioni, sindaci e amministrazioni, professionisti, artisti, volontari - non hanno mai dato segnali di chiusura. Insieme siamo riusciti a  costruire un processo di purificazione rituale. Senza il loro entusiasmo e disponibilità tutta la carica emotiva di Trenodia non sarebbe stata possibile."

Un lavoro lungimirante di cura e coordinazione, dove ogni allestimento e spostamento è stato studiato nei minimi dettagli, richiedendo un’ incredibile attenzione per una produzione itinerante strepitosa.


Trenodia si divideva in partecipanti e spettatori che, attraverso le orazioni recitate da Andrea Tartaglia, Elio Germano, Sergio Scarlatella, Michele Riondino e Michela Murgia trasportava i presenti in luoghi antichi e dimenticati. Ad accompagnare questo fluido corteo c’erano musicisti eccezionali quali Daniele Sepe e la Bassa Banda Processionale, Manolis Pappos e Dimitri Mistakidis, maestri indiscussi del rebetiko greco, Peppe Leone e i suoi mantrici tamburi, la profonda e ipnotica voce di Raiz degli Almamegretta in un concerto acustico sul calvario di Cairano, il cupo e profondo violoncello di Mario Brunello, Filomena D’Andrea dei Makardia, sposa e madre in nero a Calitri.

Aver partecipato come spettatore a diversi cortei di Trenodia è stato alquanto straniante: nonostante aver provato più e più a volte a leggere le brochure con le istruzioni e le informazioni, ogni volta non avevo la minima idea di quello che sarebbe accaduto. Come dicevo infatti, solo da un occhio di vista esterno (quindi dopo l’uscita dei video ufficiali) il progetto ha avuto una visione più completa anche ai miei occhi.




Tutto questo mi ha ricordato quando l’attore Kyle Maclachlan, durante le riprese di Twin Peaks: The Return di David Lynch non avesse, per gran parte del tempo, la minima idea di quello che stava facendo o dicendo sul set e solo dopo aver visto il montato finale in TV si era reso conto del piano magistrale di David Lynch (ed anche lì c'era un Trenodia...).





DELLO SPONZ NON SI BUTTA VIA NIENTE

Una delle novità più interessanti di quest’anno è stata quello di vedere per la prima volta un Festival Plastic Free: Dagli sponzini di terracotta (la moneta dell’evento), ai Pass agli addetti ai lavori di cartone, dalle posate e i bicchieri in amido di mais biodegradabile fino alla più grande trovata che io abbia mai visto: le fontanelle con l’acqua gratuite. Negli anni passati, nella realizzazione di Report per altri Festival, ho sempre fatto notare quando sia odioso far pagare anche due-tre euro una bottiglietta d’acqua ad un concerto, prendendo anche le antipatie di alcuni portali web con cui ho chiuso definitivamente i rapporti per questo motivo (e meno male che non ci tengo più nulla a che fare se c’era da prendersela per questo). Beh, se un Festival ti fornisce gratuitamente dell’acqua (utile anche ad evitare dei malori) e si circonda di volontari che fanno turni di 12 ore solo per selezionare l’immondizia del pubblico non solo ne guadagna di rispetto ambientale e umano ma soprattutto fa capire quanto importante sia una manifestazione da un punto di vista culturale e storico. Ho parlato quest’anno con diversi volontari, tutti stanchi ma sorridenti, scoprendo che giungevano da tutta Italia. Queste piccole accortezze mi hanno fatto ritornare in mente un vecchio film chiamato Un sogno per domani dove una buona azione è davvero il piccolo grande passo per il cambiamento. Infatti dopo aver visto questo il primo giorno, mi sono armato di una ceneriera portatile e non ho buttato nemmeno una cicca a terra, proprio perché basta davvero poco per fare la differenza.



"Riutilizziamo il legno di anno in anno ed abbiamo una squadra ferratissima ed agguerrita (che oggi difende il festival e lo sente proprio pur essendo prestatori d’opera). "

Racconta così Enzo Tenore, responsabile, insieme al fratello Virginio con il suo studio +tstudio, tra i tanti aspetti, anche degli allestimenti del festival:

l’impresa è da anni poggiata sulle spalle di Roberto Margotta Di Masterwood - Gino di Cecca - il gruppo degli elettricisti capeggiato ora da Nino Maffucci che è subentrato al compianto Luciano, giuseppe Fiordellisi alla logistica. Noi scompariamo appena inizia il festival ma voi usate quello che noi costruiamo. Il bar più lungo del mondo, il totem della rivoluzione russa, la miniera del gusto di quest’anno, la nave che solca l’onda del sisma 1980, il villaggio farwest alla stazione di Conza.


NEMO PROPHETA IN PATRIA

Lo Sponz Fest Sottaterra ha dato modo alla città di Calitri di risplendere al di fuori della sua provincia per le settima volta, senza chiedere nulla in cambio ai cittadini di un paese che non ha bisogno di chiedere ma solo di condividere attraverso le sue pietre secolari e le rughe delle persone rimaste. Un’arricchimento culturale che è stato premiato con la nomina di capitale europea per un giorno (accompagnato dai comuni limitrofi dell’alta Irpinia). Ma queste forse sono solo parole per i comunicati stampa bramosi delle risorse del turismo. Quel 24 Agosto infatti, era solo un giorno di festa di un giorno d’estate in Irpinia, una terra dalle risorse infinite. Ne parlavamo proprio qualche ora prima con Felice De Dominicis, imprenditore e valorizzatore del territorio, ospite come volontario della manifestazione all’interno dei laboratori di intreccio della paglia ma conosciuto online come il fondatore del portale Paesaggi Irpini:

Come si dice: “nemo propheta in patria”, se organizzi nel tuo paese, verrai sempre criticato.
Con Paesaggi Irpini sono arrivato al punto di organizzare eventi anche in altri comuni, e vedi la partecipazione di tutta la popolazione. Non prendo soldi nel gestire la pagina o nel pubblicare i contenuti, lo faccio solo per il piacere di fare qualcosa per la nostra terra altrimenti si perde tutto.

(potete trovare l’intervista completa cliccando qui)

Come l’anno scorso ho chiesto alle persone di Calitri di dirmi la loro sulla manifestazione e quello che ho visto è che le attività locali hanno bisogno di eventi come questo per trovare un motivo per restare, permettendo così (paradossalmente) ai propri figli di andarsene. Lo stesso Vinicio Capossela da Calitri se ne era andato da bambino, per poi tornarci da adulto. La vita dei provinciali è fatta inevitabilmente da queste due fasi, dove per poter proseguire il proprio viaggio personale, bisogna perdersi e ritrovarsi. Ma (come dicono i Pinguini Tattici Nucleari) per rimanere nella propria provincia, con le condizioni di vita meno agevolate possibili, ci vuole tantissimo coraggio, il coraggio di dover avere anche paura . Per sette anni lo Sponz Fest  è stata la voce di chi scelto di restare, restando in silenzio. Non bisogna dimenticarlo mai.



CHE DESS’ PER RIASCOLTARE I MAESTRI

Se c’è qualcosa che lega chiunque, di qualsiasi etnia, idea politica, religione e pensiero è senz’altro la musica. E luoghi come lo Sponz creano le condizioni adatte per consolidare ed esternare quest’arte, anche al di fuori delle esibizioni ufficiali, senza nulla togliere alle performance straordinarie di musicisti come Giovannangelo De Gennaro, Flaco Maldonado, Ars Nova Napoli, Bestie Rare, Micol Harp.

L’anno scorso per esempio entrai in contatto con il nucleo dei Friestk, band formatasi a Calitri per l’occasione da Alfredo Cesarano, Vito Galgano e Niko Di Muro (con lo special guest Antonio Russo), che quest’anno si è arricchita con la presenza di Osvaldo Cicoria e Gianluca Volpe. I Friestk oltre ad essersi esibiti in un concerto di quasi tre ore nelle Grotta dei Mastri qualche ora prima del concerto di Capossela, sono stati un esempio calzante di come lo spirito si possa fondere con la natura il tempo sufficiente per una fioritura e una tanto consequenziale dissipazione: Come mi è stato detto dai componenti del progetto, la band riesce a “praticare” solo quando si riunisce a quest’evento. Quello che ne esce fuori è un concentrato di Nu Folk che guarda al passato conscio di vivere un presente proiettato in un futuro obsoleto. Consapevole della capacità di plasmare il tempo, la loro musica unita alle loro predicazioni sono state un tormentone che per settimane hanno attraccato le menti dei cittadini di Calitri, che quel giorno era anche divenuta capitale europea. Non è da tutti riuscire a creare dei Meme, fossi in loro, troverei una serra con condizioni climatiche ottimali per la favorirne una possibile rifioritura.



LO SPONZ PEST SPIEGATO ALLE PESTI:
Una guida in stato d’ebrezza

La tematica della pestilenza morale ed etica, aggravata dai social e dalla comunicazione odierna è stata un’altra branca di questo Festival che come Trenodia, ha avuta vita a sé nonostante condividesse con lo Sponz la sua struttura ossea. Lo Sponz Pest, che per ironia della sorte partiva dal cimitero di Calitri sulle note di una banda (il primo giorno i Mariachi Tres Rosas, il terzo giorno Daniele Sepe con la Bassa Banda Processionale), avanzava sul ripido tragitto che giunge al Vallone cupo (Gagliano), lontano dal paese e da orecchie permalose. Posso affermare che questo evento è stato un rituale che ha giocato su diversi piani della consapevolezza umana e sulla reale possibilità di una purificazione.


PEST 1/3: PESTE NON COLGA




Nella prima fase c’ è stata la presa di coscienza da parte di un’appestato. L’appestato in questione era Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace esiliato dalla sua stessa città, che ha raccontato la sua versione dei fatti senza puntare il dito o altro ma prendendo le dovute responsabilità di fatti accaduti e spiegando cosa lo avesse portato a fare le sue scelte. Dopo le sue parole, Capossela canta il povero Cristo, di cui il video è stato realizzato proprio a Riace, riecheggiando Pasolini e la peste moderna.



Giorni dopo ci sarebbe stata la bella notizia che Mimmo avrebbe potuto finalmente tornare a casa dalla sua famiglia.

Subito dopo l’intervento ad esibirsi sul palco principale è Enzo Avitabile accompagnato dai Bottari. In merito a questo concerto c’è qualcosa di sorprendente che solo luoghi come lo Sponz riescono a realizzare: Enzo Avitabile gira per i paesi dell’Irpinia da anni, realizzando concerti gratuiti ovunque, io stesso lo avrei risentito al termine dello Sponz a San Sossio Baronia 3 giorni dopo (che è circa a mezz’ora di macchina da Calitri). Quello che mi sembra inconcepibile è il fatto che il Vallone Cupo era pieno di gente venuta appositamente per lo Sponz, inclusi tanti stranieri ma anche tanti irpini che hanno pagato per un concerto che molto probabilmente aveva già sentito gratuitamente in passato. Sarà perché la suggestiva location del Vallone Cupo è unica nel suo genere, sarà perché l’aria che si respira allo Sponz è diversa ma lo Sponz Pest ha ripulito nella sua prima fase le macchie nere generate dall’odio. Al termine del concerto, un’esibizione fuori programma di Micah P. Hinson, esponente del black country americano, con il chitarrista Victor Herrero (che a detta loro, era la prima volta che si esibivano insieme) ha allietato e confortato il pubblico avvolto dalle tenebre e dai grilli di campagna.


PEST 2/3: IT’S A TRAP!




La seconda fase invece può considerarsi una quarantena, resa plausibile dalla presenza della maschera antipeste regalata ai cancelli del Festival. In una sola serata, sono saliti sul palco dello Sponz, tutti i musicisti che hanno avuto a che fare con la trap, ma ad eccezione di uno, gli altri solo in maniera indiretta. La peste si è presentata negli intermezzi tra i vari artisti: infatti tra un esibizione e l’altra, il pubblico finiva inesorabilmente col chinare la testa a vedere lo schermo del proprio smartphone. La retroilluminazione dei dispositivi è stata una luce perenne che annebbiava le menti e la coscienza di chiunque e inevitabilmente è stato l’esempio lampante di come le dipendenze non provengono solo da droghe ed alcool.

[Segue breve analisi in verde peste dei musicanti appestati]

Ad introdurre la serata Andrea Tartaglia e Peppe Leone con un’introduzione sulla tematica della peste in pieno stile Sponz. Ad intervallare le esibizioni Neri Marcorè e Vinicio Capossela, tra parodie musicali e interventi comici. Il primo musicista ad esibirsi, con tanto di super band, è stato Enzo Savastano con il suo esercizio di stile basato sul concetto di Neomelodico. Savastano oltre che dimostrare la sua bravura musicale in maniera impeccabile, ha divertito per i testi tragicomici delle sue canzoni e le sottili citazioni musicali all’interno delle sue composizioni. Riuscire a conquistare il pubblico con un pezzo natalizio come Amico Zampognaro ad Agosto non è cosa che possono permettersi tutti.

A seguire il misterioso The André (che avevo già intervistato qui l’anno scorso ) che ha tradotto sul palco pezzi della Dark Polo Gang, di Young Signorino, di Achille Lauro e di Truce Baldazzi trasformandoli in poesia. The Andrè allo Sponz somministra una forma di penicillina sul palco basata sul “presunto” veleno dello musica moderna riadattata. Una valida parentesi culturale sotto le mentite spoglie di un divertissement.


Ecco che subito dopo è il turno dell’atteso e criticato Young Signorino. Qui io devo necessariamente soffermarmi su di un punto: ho sentito tantissime critiche, ma proprio tante, sul fatto della presenza di Young, come se fosse l’anticristo sceso a portare l’inferno al Sud Italia. Io il suo concerto l’ho sentito, è durato poco, è stato una sorta di karaoke, come fanno tanti altri professionisti pagati come lui, ma il ragazzo ci ha messo grinta ed energia e ha conquistato tutti, incluso Vinicio che il giorno successivo ha citato il suo tormentone sul palco più volte “Fatemi un cazzo di urlo raga!”. Lui mi sembrava un ragazzo felice che stava realizzando un sogno e quando sento le critiche ho la netta sensazione che la gente parli per invidia. Inoltre una base della sua canzone l’avevo utilizzata in un mashup con il pezzo Uro di Capossela (per la realizzazione dei promo animati in allegato) e devo dire che quelle produzioni sono fatte davvero ma davvero bene, quindi non mi è chiaro da che cosa partono queste critiche.


A termine dell’esibizione di Young che ricordiamo, è stata applaudita e acclamata, arriva il turno di Morgan, artista del buon gusto di questa giornata che tra cover di De André e pezzi propri è stato più che valido, soprattutto quando appoggiava le mani sul pianoforte a coda. La sua performance ha ristabilito un po’ di calma e di pace dei sensi, con melodie delicate graffiate dall’interpretazione energica del cantautore.


La scaletta prosegue con l’arrivo di Livio Cori, musicista e attore apprezzato un po’ ovunque, che ha raggiunto la notorietà prima grazie alla serie Gomorra e poi cantando a Sanremo insieme con Nino D’Angelo. La sua esibizione basata su un ibrido tra New Hip-Hop e musica leggera è risultata lineare e coesa.


A chiudere la Trap Fest (che ha avuto solo un artista Trap eh), intorno alle tre del mattino sono stati gli Almamegretta Dub Box, accompagnati dalla straordinaria e profonda voce di Raiz che con i loro suoni dub & roots sono stati quelli che hanno suonato di più sul palco, dando modo di creare un mood straordinario che ha chiuso in maniera azzeccatissima.



PEST 3/3: L’ULTIMA BALLATA (?) PER UOMINI E PESTI




Il terzo giorno di Sponz Pest ovvero il concerto finale di Capossela nella giornata di Sabato 24 Agosto, è stato sicuramente la giornata della purificazione dal male mediatico. Con un concerto cominciato alle dieci e mezza di sera e finito quasi alle cinque del mattino, che ha messo KO le batterie di un sacco di cellulari avvelenati, Vinicio e i suoi super ospiti hanno dato il colpo di grazie finale, grazie ad un sorprendente concerto contenente a detta di Vinicio anche “canzoni che non faceva dal vivo da 15 anni come …E Allora Mambo” sottolineando in un paio di occasioni quanto quella sarebbe stata la sera del concerto “definitivo”.

L’Appening unico ha visto la partecipazione di Stefano Asso Stefana, Andrea La Macchia, Giovannangelo Di Gennaro, Mario Brunello, Andrea Tartaglia, Daniele Sepe e la Bassa Banda Processionale, Victor Herrero, Micah P. Hinson, Flaco Maldonado, Sergio Palencia, AGo Trance, Cupa Cupa, Manolis Pappos, Dimitri Mistakidis, Mariachi Tres Rosas a cui si è aggiunto a sorpresa Roy Paci.


È MORTO LO SPONZ FEST / LUNGA VITA ALLO SPONZ FEST


Sono mesi che si parla del fatto che questa potrebbe essere l’ultima edizione di questo evento, argomento che aleggia ancora oggi a quasi un mese dalla fine. Io onestamente non conosco le dinamiche necessarie per allestire una manifestazione annuale che su tanti fronti rimane impeccabile. Non sapendo cosa pensare ed essendo fan del gatto di Schrödinger, ho quindi ipotizzato le due opzioni possibili, sommate tra loro:


Credo che un Festival che coinvolge volontari giunti da ogni angolo dell’Italia con il solo scopo di partecipare senza volere nulla in cambio se non un esperienza che gli cambi la vita, non può semplicemente finire. Credo anche che gli abitanti dell’ alta Irpinia si trovino ben disposti ad accogliere persone (e potenziali investitori) provenienti da ogni parte del mondo per mostrare le loro tradizioni. Quindi non penso proprio che questa sarà la fine. Magari potrebbe rimanere in pausa qualche anno (cosa che onestamente potrebbe risultare interessante anche per un’analisi) o addirittura cambiare struttura come ci ha da sempre abituato la manifestazione. Qualsiasi ipotesi possibile non sarà mai la fine dello Sponz Fest. Citando i Uochi Toki: Il film non finisce con i titoli di coda, ma quando smetti di pensarlo. Lo Sponz Fest Sottaterra probabilmente è ancora in corso.




Ah per la cronaca: a ritorno dallo Sponz, ho cessato di lavorare nella sala slot. Al posto delle file di Slot Machines, a volte può accadere il Miracolo.





Se organizzi al tuo paese, verrai sempre criticato - Intervista a Felice De Dominicis di Paesaggi Irpini (Sponz Fest 2019)


Lo Sponz Fest Sottaterra, a due settimane dalla fine, risulta ancora un ricordo vivo e intensissimo per chiunque sia stato presente alla manifestazione. Da qui potete leggere il mio Report della manifestazione, mentre leggendo in basso troverete una bellissima intervista realizzata durante quei giorni a Felice De Dominicis, fondatore di Paesaggi Irpini, registrata durante il suo lavoro da volontario allo Sponz, dove ha tenuto dei corsi di lavorazione e intreccio della paglia a Calitri, laboratori organizzati e coordinati da Claudia Tanga.

Il Live Report di Instagram invece è disponibile sul mio profilo o cliccando qui.

Foto: Vincenzo Cesta - Fonte: Paesaggiirpini (Instagram)


Chi è Felice De Dominicis e cosa fa?

Ho un’azienda di lavorazione della Pietra a Fontanarosa (AV). L’ho ereditata da mio padre, che l’ha ereditata da suo padre e così via. È un azienda plurisecolare ed ora è toccata a me, sono 15 anni che sono a Fontanarosa per portare avanti questa tradizione di famiglia. Credo di essere stato anche fortunato perché avendo rilevato questa attività non ho dovuto allontanarmi dalla mia terra. Mi rendo conto d’altro canto che tanti miei amici si sono trovati di fronte a questa scelta e hanno dovuto scegliere di allontanarsi. Per questo motivo è nata in me questa cosa: che cosa posso fare io per non far partire i miei coetanei e casomai farli ritornare? Ho sfruttato i social Network per pubblicizzare l’Irpinia, per far conoscere agli altri (ma anche a noi irpini) quello che abbiamo, non abbiamo nulla da invidiare alle altre regioni, siamo allo stesso livello. Solo che noi irpini non ci rendiamo conto delle nostre bellezze. Ad esempio non tutti sanno che la sacra Sindone di Cristo è stata conservata durante la seconda guerra mondiale a Montevergine (Mercogliano) per 7 anni. È una cosa che forse a molta gente non interessa ma è un vanto che addirittura il Vaticano ha riconosciuto come reliquia.



Sei mai stato criticato per le tue scelte nell’organizzazione di eventi nella tua città?
Allora, come si dice: “nemo propheta in patria”, se organizzi nel tuo paese, verrai sempre criticato. 
Infatti quest’anno vengo fuori dalla seconda mia esperienza nel comitato feste di Fontanarosa, partito con critiche, fortunatamente è uscita fuori una bella festa e molta gente si è ricreduta. Con Paesaggi Irpini sono arrivato al punto di organizzare eventi anche in altri comuni, e vedi la partecipazione di tutta la popolazione. Non so se è perché Paesaggi Irpini che ha tutti questi followers crei tanta visibilità….
Followers organici tra l’altro… la tua pagina è un’aggregatore.

Si, è la prima pagina nata per raccontare l’Irpinia attraverso gli occhi di chi la vive e chi la fotografa.
Pure chi viene da fuori utilizza l’hashtag per pubblicizzare la propria arte come la fotografia.




Come Nasce Paesaggi Irpini?
Con la mia azienda della lavorazione della pietra sono stato a Rho (Milano) alla fiera dell’artigianato ad esporre i miei prodotti. Lì c’era tutto il mondo in esposizione e in uno di questi l’Italia. L’Italia era suddivisa provincia per provincia, il nostro stand però non era sotto la scritta provincia di Avellino ma sotto il nome Irpinia. Quando la gente si imbatteva nel padiglione diceva: “Ah l’Irpinia, dove c’è stato il Pullman caduto dal cavalcavia” o “l’Irpinia, quella del terremoto dell’ ’80.” Non proprio le cose migliori da ricordare…

Allora iniziai ad utilizzare Instagram per mostrare i contenuti belli della mia terra. Avevo il mio profilo personale che non è mai decollato. Con Paesaggi Irpini cominciai all’inizio a pubblicare le mie foto utilizzando l’hashtag libero #paesaggiiprini . Io mi trovai all’inizio in difficoltà perché avevo utilizzato un Hashtag libero. Dopo qualche giorno però la gente me lo chiedeva esplicitamente: Ho messo l’hashtag, perché non condividi la mia foto? E da lì ho visto proprio il piacere delle persone nell’inviarmi le foto. Sono arrivato al punto che tra tutti i social (Facebook, TwitterInstagram) ricevo circa 50 foto al giorno. Naturalmente di tutto questo materiale va fatta una selezione perché penso che vada valorizzata in un certo modo. Quindi casomai se ho una foto di un paese con a lato un cassonetto pieno di immondizia non ho il piacere a metterla anche se pure quello è Irpinia…



È più una cosa da Irpinia Paranoica…
Esatto, Io ammiro Irpinia Paranoica. Infatti qualche tempo fa pubblicarono una foto e commentai dall’account di paesaggi irpini: Io adoro il vostro modo di valorizzare l’Irpinia.
Perché il modo con cui Irpinia Paranoica mostra l’Irpinia fa scattare un senso di rivalsa. Io gli ammiro e li invidio per quello che fanno.





Quanti siete in Paesaggi Irpini?
La pagina la gestisco da solo, io seguo un certo ordine di foto e non è che appena mi arriva una foto bella la ricondivido, ogni giorno pubblico tre foto di uno dei 118 comuni dell’Irpinia, da Aiello del Sabato a Zungoli. Infatti sto condividendo ad oggi (2019) foto del 2017 seguendo quest’ordine. 
Se vai sul sito internet paesaggiirpini.it e cerchi per comune puoi fare un tour interattivo tra i paesi seguendo un ordine (grazie ai tag).


Ci sono anche progetti paralleli a Paesaggi Irpini?
Si, Invasioni irpine è un progetto di Paesaggi Irpini nato 4 anni fa dall’unione di 4 associazioni della provincia con cadenza bisettimanale e funziona così: noi scegliamo un comune irpino, contattiamo le associazioni del posto, chiediamo di “invaderlo pacificamente” in modo da farci trovare una guida turistica che ci accompagni a vedere tutte le bellezze del posto (anche posti che raramente vengono aperti al pubblico o fuori guida) e raccogliamo quanto più materiale multimediale (video, foto) da ricondividerle sui social al fine di valorizzare ogni comune della provincia di Avellino. 

Uno dei primi anni della pagina mi contattò una signora di una casa editrice americana specializzata in vini dicendomi che aveva sempre scritto dei vini irpini ma non aveva mai visto un vigneto ed incuriosita voleva venire in Irpinia per vederli. Purtroppo ebbe una serie di problemi logistici e non arrivò mai ma si ripromise che sarebbe venuta. Questo per dirti che l’interesse nella nostra terra c’è. 



Progetti per il futuro?
I pacchetti turistici. Il progetto che mi sto prefissando adesso è quello di creare questi pacchetti, ma io non posso  prendere i turisti americani e portarli a Fontanarosa dalla costiera per esempio, voglio creare una rete tra le diverse associazioni. Per esempio cosa può accomunare, Gesualdo, Fontanarosa, Montemiletto e Mirabella? Il vino per esempio. Si crea un percorso del vino e si visitano tutti i comuni facenti parte di questa rete. Le associazioni dei vari comuni uniti, insieme alla politica locale potrebbero essere un punto di svolta per la valorizzazione del territorio.




Stai facendo una cosa bella in cui la gente ogni giorno ti ringrazia…
Guarda, sono io che ringrazio loro. Giorni fa mi ha contattato una giornalista di una testata irpina chiedendomi se poteva fare un’intervista sulla mia pagina. Le ho risposto che non è la mia pagina ma è la pagina degli Irpini. Può sembrare una ruffianata ma ci tengo a precisare che se non fosse per le persone che mi inviano i contenuti e che interagiscono con questa pagina, Paesaggi irpini non sarebbe la pagina che è oggi. Non prendo soldi nel gestire la pagina o nel pubblicare i contenuti, lo faccio solo per il piacere di fare qualcosa per la nostra terra. Esiste solo una cosa che non pubblicizzo: gli eventi privati perché in quel caso c’è un guadagno e io ho il piacere di aiutare le associazioni che puntano sul territorio attraverso la visibilità della mia pagina. Facciamo queste cose a titolo gratuito anche perché altrimenti si perde tutto.



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Intervista realizzata durante lo Sponz Fest Sottaterra